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I DIALOGHI TRA UN ISLANDESE E DANIELE RUTA

Allora finalmente hai ripreso a scrivere  i canti generali dell’amore..
Hai visto..
Adesso mi pare, sei tornato alla poesia pura,niente piu’ cronaca e
indagine sociale da tradurre in poesia.
Ho capito che non funziona, non puoi ascoltare la sofferenza
di una persona e poi farci una lirica. La vera poesia la devi portare
dentro di te.
E questo ti spaventa?
Un po’ si, le persone riescono a trasmettermi la loro sofferenza e
io sono stanco,non posso portare la sofferenza di tutti.
Questi uomini che hai ascoltato, cosa ti hanno dato oltre la sofferenza?
Una tenerezza credo, la tenerezza di persone che non riuscivano a
comunicare quello che avevano dentro. Ora io so’ che ci sono  donne
che potranno leggere quello che i loro uomini non hanno saputo dire.
Il mondo che tu chiami della merdaglia ha sempre voluto che il poeta fosse nudo
e identificato. Adesso diranno che sei una persona falsa, che ti copri dietro
l’immagine di uomini che non esistono.
Non mi importa, e poi,in parte, se io ho raccolto la sofferenza,io posso dire,
almeno nella poesia,di essere stato come loro.
Io colgo in questo passaggio significati piu’ profondi che tu stai cercando di
sviluppare.Il rapporto dello scrittore con il potere, l’attacco costante che subisce
attraverso l’identificazione….
C’e’ molto di piu’,mio caro amico islandese. E il tutto oggi puo’ risolversi attraverso
la piu’ grande rivoluzione della storia umana.
Intendi internet e il ciberspazio?
Gia’, ma ne riparleremo, compiutamente.

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