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A BESENELLO, IN TRENTINO, IL PRIMO FESTIVAL DEL GIORNALISMO

E’ stato un evento importantissimo e molto partecipato con tantissima gente, resistente,alternativa e che ha ancora voglia di pensare e di capire a fronte di una umanità addormentata, le ragioni della guerra, della pis-copandemia e delle dolorose morti da vaccino che continuano a lasciare anche una infinita sequela di malati e danneggiati. Un ragazzo dello staff organizzativo mi dice che l’incontro è stato quasi praticamente ignorato dalla stampa locale e quindi penso che avranno piacere a parlarmi dopo le tante mazzate ricevute dal giornalismo spazzatura. L’umanità della resistenza è sempre stata storicamente e comprensibilmente diffidente e quindi capisco sempre qualche stortura in una sala con un livello inumano di decibel dove un’altro organizzatore,ma questa volta idiota e che dicono sia un pò stressato dal pesante impegno, mi minaccia di farmi uscire perchè alzo troppo la voce là dove il grido di un’aquila risuona come il canto di un uccellino. In effetti sono venuto a sapere del festival quasi per caso e poi sono sicuramente troppo invadente e mi muovo come un bulldozzer e se una luce si accende io parto e riparto da pietra a sasso per cercare, sentire, vedere e ora anche capire quale tipo di modello comunicativo hanno in testa questi resistenti.

Hanno già le loro strutture e fanno da soli? O pretendono, come tutti gli altri, di vedere una scritta sul microfono lussureggiante. Ho una brutta sensazione e me ne vergogno. Li vedo come i tanti che si sentono già arrivati e, con le loro posizioni, selezionano. Li vedo cercare il consenso con il dissenso come in una replica alla Beppe Grillo, ricordate? Il comico? Deve avere fatto tanto di quel danno tanto da trasformare milioni di elettori sommariamente qualunquisti in anonimi elettori del centrodestra-sinistra e portare la gente a pensare che continuare a credere è una boiata pazzesca. Così uno dice di essere stanco, un’altro chiede prima di bere una birra, altri sono accerchiati da fan resistenti che vogliono fare le foto e altri ancora vanno aspettati e non si sà per quale motivo. Eppure tra una comunicazione interna ed una esterna dovrebbe almeno esserci una pari dignità. Nella sala si vede ed è inconfondibile, con la sua barba bianca in contrasto con il vestito nero, Michelangelo Tagliaferri, un uomo che ha creato a Milano una scuola di comunicazione.

Raccolgo col pensiero il passaggio di una sua intervista non contemporanea:”Ho avuto tanti incarichi e quando li ho lasciati tutti ho perso il mio potere. E quando si perde il potere si ha una gran nostalgia…si vorrebbe sempre tornare al potere”.

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